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E’ notizia di inizio febbraio 2022 che le sperimentazioni cliniche riportate sul New England Journal hanno un successo del 90%. Dalla beta talassemia si può guarire, parola di Franco Locatelli primo firmatario della ricerca.

Cos’è la beta talassemia

Come il favismo (di cui abbiamo parlato qui), la beta talassemia (o anemia mediterranea) è una malattia genetica del sangue. I globuli rossi si distruggono precocemente, la presenza di emoglobina nel sangue è molto scarsa, rendendo difficoltosa l’ossigenazione dei tessuti. I primi sintomi sono stanchezza e pallore; ma anche ittero, deformità delle ossa del viso (per il coinvolgimento del midollo osseo), crescita lenta, gonfiore addominale, urine scure. Talvolta ingrossamento della milza (splenomegalia). I pazienti con questa mutazione, devono sottoporsi frequentemente a trasfusioni di sangue, unica terapia possibile oltre al trapianto di midollo spinale.

Essendo una malattia ereditaria, non c’è una vera e propria possibilità di prevenzione. Un soggetto portatore (ovvero un soggetto che non sviluppa la malattia ma ha alcuni geni che possono trasmetterla) ha il 25% di possibilità di trasmetterla ad un figlio, se concepito con un altro soggetto portatore. Questa percentuale sale al 75% in caso uno dei due partner sia malato.

La terapia cellulare e genica

Una sperimentazione partita nel 2016 ha coinvolto 23 pazienti con beta talassemia di tutte le età. Si va da bambini al di sotto dei 12 anni ad adulti di 50 in nove centri tra Italia, Francia, Germania, Tailandia, Regno Unito e Usa. Franco Locatelli, intervistato da ANSA, spiega che

I risultati del trial hanno mostrato che il trattamento “è in grado di determinare l’indipendenza trasfusionale nel 90% dei soggetti trattati. È stato inoltre in grado di determinare il raggiungimento di valori di emoglobina molto consistenti in una percentuale elevata dei pazienti che hanno ottenuto l’indipendenza trasfusionale. Questo risultato è persistente nel tempo. Quando si hanno dei dati di follow up così importanti si può parlare di guarigione”

Attualmente la terapia betibeglogene autotemcel è approvata dall’EMA per persone al di sopra dei 12 anni, con specifica caratteristica genetica (genotipo non-beta0/beta0) e che non presentino incompatibilità col trapianto. Lo studio, però, ha evidenziato ottimi risultati anche per i bambini al di sotto dei 12 anni, per cui non si esclude l’approvazione anche per questi ultimi. Allo stato attuale, tuttavia, questa terapia non è ancora somministrata per problemi di trattative sul prezzo di rimborso tra l’azienda che ha sviluppato il prodotto e le agenzie del farmaco europee.

Il dottor Locatelli aggiunge inoltre

“Abbiamo sviluppato un approccio basato sull’editing del genoma, attraverso cui viene riattivata la sintesi dell’emoglobina fetale, Anche con questa strategia abbiamo ottenuto risultati importantissimi: tutti i pazienti trattati hanno smesso di ricevere supporto trasfusionale”

 


Per approfondire

Manuale MSD – Talassemie
TGCOM24


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